Atlantis 3/2023

Atlantis 3/2023 - ATLANTIS

Il terzo numero del 2023 prosegue la serie di copertine dedicate ai principali temi geostrategici futuri. In questo caso l'intelligenza artificiale, senza tralasciare di puntare l'attenzione sulle conseguenze dall'aggressione da parte della Russia all'Ucraina nel febbraio dello scorso 2022, degli Azeri contro gli armeni in Nagorno-Karabakh ed infine l'azione terroristica di Hamas contro Israele.

In copertina, un'immagine che evoca il tema dell'intelligenza artificiale, dell'innovazione, dell'applicazione delle scoperte scientifiche al mondo militare, produttivo e politico, gli scenari futuri.

Spazio amplissimo a questi temi con ben tre dialoghi Diplomatici, a cura del Circolo di Studi Diplomatici.

Sempre apprezzati i contributi di Eleonora Lorusso, la valida conduttrice del Festival Internazionale della Geopolitica Europea e di Domenico Letizia.

Spazio anche per un appuntamento autunnale dell'Istituto di Studi Marittimi Militari.

Continua la collaborazione con Sconfinare.

Alla redazione si è aggiunta Cristina Pappalardo.

 

 

Editoriale

Editoriale - ATLANTIS

Il Futuro dell'Intelligenza Artificiale: Un Viaggio Multidisciplinare

L'intelligenza artificiale (IA) ha trasformato il modo in cui interagiamo con il mondo, aprendo le porte a un futuro permeato da innovazioni scientifiche e applicazioni rivoluzionarie. Esploriamo il panorama futuro dell'IA attraverso diverse lenti, dall'avanzamento della ricerca scientifica all'incidenza nei settori militare, medicina, arte e letteratura, per poi immergerci nelle implicazioni della regolamentazione legale internazionale.

Ricerca Scientifica: Il Cuore dell'Innovazione
Il futuro dell'IA si basa sulla ricerca scientifica, che svolge un ruolo centrale nell'affinare gli algoritmi e nell'espandere i confini dell'intelligenza artificiale. Gli sforzi convergono verso l'apprendimento automatico avanzato, l'IA interpretabile e la comprensione del linguaggio naturale, aprendo nuovi orizzonti nell'automazione e nella risoluzione di problemi complessi.

Militare: Difesa e Etica
Nell'ambito militare, l'IA svolge un ruolo cruciale nella difesa. Sistemi autonomi di sorveglianza, analisi dei dati in tempo reale e dispositivi di difesa automatizzati stanno ridefinendo la natura della guerra. Tuttavia, la discussione sull'etica dell'uso militare dell'IA è in corso, con una crescente enfasi sulla prevenzione di abusi e sulla necessità di sviluppare norme internazionali per garantire un utilizzo responsabile.

Medicina: Rivoluzione Sanitaria
Nel campo della medicina, l'IA si presenta come un alleato prezioso. Dalla diagnosi precoce di malattie alla personalizzazione dei trattamenti, gli algoritmi predittivi e l'apprendimento automatico contribuiscono a rivoluzionare il settore sanitario, migliorando la precisione delle diagnosi e ottimizzando le terapie.

Arte e Letteratura: Creatività Potenziata
L'IA sta emergendo anche come creatore artistico e letterario. Algoritmi generativi producono opere d'arte originali, mentre la scrittura automatica si insinua nella narrativa. Questo solleva questioni sulla definizione stessa della creatività e della originalità, spingendo a riflettere sul ruolo dell'artista e dell'autore nel mondo digitale.

Verso una Regolamentazione Globale: Sfide e Opportunità
La crescita esponenziale dell'IA richiede una regolamentazione internazionale robusta. Affrontare questioni come la privacy, la sicurezza e l'impiego etico è cruciale per evitare abusi e garantire un utilizzo responsabile. L'instaurazione di standard globali faciliterebbe la collaborazione e prevenirebbe il rischio di una corsa sfrenata verso l'IA senza limiti.

Conclusioni: Bilanciare l'Innovazione con la Responsabilità
Il futuro dell'IA si presenta come un territorio di sfide e promesse, dove la ricerca scientifica si fonde con l'etica e la responsabilità. Mentre l'IA apre nuovi orizzonti in settori fondamentali, è imperativo bilanciare l'innovazione con la consapevolezza delle implicazioni etiche. La regolamentazione legale internazionale è il faro che guiderà questo viaggio, garantendo che l'IA contribuisca al progresso umano senza compromettere la nostra sicurezza e integrità.

Attualità e Geopolitica: L'assalto terrorista di Hamas, la reazione israeliana,

Attualità e Geopolitica: L'assalto terrorista di Hamas, la reazione israeliana, - ATLANTIS

LETTERE SUL MONDO dal CIRCOLO DI STUDI DIPLOMATICI

Maurizio Melani

Di fronte all'orrore che Hamas pubblicizza come faceva l'ISIS per terrorizzare e mobilitare, non si può che essere pienamente solidali con Israele. Molto si è scritto in questi giorni sulle cause di una azione evidentemente preparata da tempo che ha sorpreso tutti per la sua efficacia sul piano militare così come hanno sorpreso le falle nel sistema di sicurezza israeliano. È stata sottolineata una responsabilità dell'Iran, che ha subito manifestato appoggio all'offensiva di Hamas ma ha anche smentito un coinvolgimento nella pianificazione e nella conduzione dell'operazione. Le prime valutazioni americane, espresse dallo stesso Segretario di Stato Blinken, sono andate nella stessa direzione anche se sembra difficile credere che Hamas abbia potuto fare tutto da solo senza determinanti sostegni esterni. Una opinione prevalente è che Teheran, scontando le attese inevitabili reazioni israeliane, abbia operato per rendere impossibile la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita che si andava profilando e che conteneva tra le condizioni poste da Riyad concessioni ai palestinesi nella prospettiva della soluzione dei due Stati, oltre ai sostegni da parte americana allo sviluppo di un programma nucleare pacifico che gli stessi sauditi, sottoscrittori del trattato di non proliferazione, hanno tuttavia detto che potrebbe dare luogo all'acquisizione dell'arma nucleare qualora della stessa si fosse dotato l'Iran, ugualmente sottoscrittore di quel trattato.
È stato anche detto quanto la concentrazione dell'attenzione e delle capacità militari da parte dell'attuale governo sulla Cisgiordania e sulla copertura data alle vessazioni dei coloni nei confronti della popolazione palestinese e sulla protezione degli insediamenti abbia portato a trascurare il fronte di Gaza confidando in una capacità di sorveglianza tecnologica che si è rivelata illusoria. È quanto fonti di intelligence egiziane affermano di aver detto agli israeliani informandoli che qualche cosa di rilevante era in preparazione. Netaniahu lo ha smentito ma con la guerra in corso è difficile distinguere il vero dal falso.
Tutto questo avviene in una fase in cui Israele vive uno dei momenti più difficili della sua storia politica e istituzionale. Nel sabato in cui è avvenuto l'assalto di Hamas erano programmate, e poi dopo l'attacco cancellate, le ennesime manifestazioni con centinaia di migliaia di persone in tutte le principali città del paese contro la riforma destinata a ridurre i poteri della Corte suprema ed altre misure volute dalla componente di estrema destra della coalizione nella direzione dell'integralismo religioso e della provocazione nei confronti della minoranza araba. Nel dissenso sui provvedimenti riguardanti la giustizia erano coinvolti, in varie forme, molti appartenenti agli apparati di sicurezza quali difensori della democrazia israeliana. Gli stessi apparati avevano avvertito il Governo sulla pericolosità dei comportamenti verso i palestinesi della Cisgiordania. Da parte di Hamas e dei suoi sostenitori esterni si è probabilmente avuta la percezione di una debolezza di Israele per i suoi travagli interni che andava messa alla prova. Di fronte alla guerra si profila la possibilità di un Governo di unità nazionale. Il regolamento dei conti con Netaniahu sarà fatto dopo.
Ora si attende la dimensione della reazione israeliana che diversamente da altre occasioni deve tenere conto degli oltre cento ostaggi detenuti a Gaza. Le modalità di tale reazione saranno rilevanti ai fini dei comportamenti dei governi dei paesi arabi e più in generale del mondo islamico che per quanto più o meno dittatoriali dovranno tenere conto delle piazze che dal Marocco all'Indonesia, con maggiore o minore intensità, si stanno agitando a favore dei palestinesi e della difesa dei luoghi santi la cui causa si presenta oggi con il volto di Hamas essendo l'ANP e l'OLP delegittimate di fronte alla popolazione palestinese anche perché così si è voluto da parte israeliana nel corso degli ultimi decenni. 
Oltre ad aver avviato distruttivi bombardamenti mirati ma che hanno già provocato diverse centinaia di vittime, per ora inferiori a quelle israeliane, un attacco di terra sembra essere imminente, con il rischio di colpire anche gli ostaggi, ma non è ancora chiaro se oltre alla completa eradicazione di Hamas, come annunciato da Netaniahu, si voglia anche riprendere il controllo della striscia. Quali che siano le intenzioni va comunque messa nel conto una sanguinosissima guerra urbana con prevedibilmente migliaia di vittime.
Netaniahu ha preannunciato l'offensiva su Gaza invitando i civili che la abitano a lasciarla. Lasciarla per dove? Certo non verso Israele. Se gli sarà possibile una parte di loro cercherà probabilmente di andare via mare verso Cipro. Una parte più consistente potrà prendere la via dell'Egitto, che già accoglie milioni di rifugiati di varie provenienze. Da lì molti di loro potranno andare verso la Libia e da qui verso l'Europa attraverso l'Italia. Tutto questo alimenterà prevedibilmente una nuova filiera di trafficanti di esseri umani e di vittime in mare  se non saranno tempestivamente organizzati  corridoi umanitari di difficile realizzazione. L'Egitto si adopera per evitare con una trattativa una escalation devastante, e l'Italia, secondo le parole del Ministro Tajani, lo incoraggia a farlo.
Cruciale sarà il comportamento dell'Iran che almeno finora, come già rilevato, sceglie una linea di apparente prudenza. I suoi proxi di Hezbollah, nel momento in cui scrivo, si sono astenuti dall'aprire il fronte settentrionale limitando il loro sostegno ad Hamas a dichiarazioni di solidarietà e al lancio simbolico di alcuni razzi pur essendovi state infiltrazioni da parte della Jihad islamica e qualche scontro con le forze israeliane. Ciò potrebbe però cambiare se di fronte agli sviluppi vi fosse una diversa scelta da parte dell'Iran o se fosse Israele ad alzare il tiro nei confronti di Teheran e dei suoi uomini in Libano, in Siria e in Iraq. Lo ha fatto in passato ma non è detto che lo voglia o possa fare adesso andando contro quella che sembra essere la posizione di prudenza e moderazione degli Stati Uniti accompagnata tuttavia, oltre che dalle scontate dichiarazioni di pieno sostegno ad Israele, da un rafforzamento della presenza aeronavale nell'area a scopo di deterrenza e dalla fornitura di armi e munizioni. Per gli Stati Uniti sarebbe troppo oneroso doversi fare carico di un nuovo fronte oltre a quello in Ucraina e all'esigenza di essere fortemente presente nell'Indo-Pacifico.
Questo ci porta a considerare la posizione della Russia. Ha espresso preoccupazione e invitato alla moderazione, ma l'apertura di un nuovo fronte per l'impegno americano che questi ultimi sembrano voler evitare potrebbe comportare un allentamento del sostegno militare all'Ucraina, cosa certamente gradita a Mosca che dall'Europa orientale al Medio Oriente all'Africa opera per la destabilizzazione. Senza contare che la Russia si avvantaggerebbe da un aumento dei prezzi degli idrocarburi derivanti da una intensificazione della crisi geopolitica nella regione. Non vi sono comunque al momento evidenze di un coinvolgimento di Mosca nelle vicende in corso.
Diversa si presenta la posizione della Cina, il cui interesse prevalente sembra essere quello della stabilità nella regione in funzione delle sue esigenze di approvvigionamenti energetici a prezzi contenuti e di espansione economica attraverso il noto programma di connessioni infrastrutturali. Assieme ad una posizione pubblica di formale condanna della violenza e di invito alla cessazione delle ostilità non è da escludere che discretamente possa svolgere una azione più incisiva per evitare una escalation utilizzando i rapporti che ha con tutti i paesi della regione.
Quanto all'Unione Europea, e nel suo ambito all'Italia, accanto alla doverosa condanna senza riserve di ciò di cui si è macchiato Hamas e al sostegno ad Israele, è da auspicare che i suoi interessi in materia di sicurezza, stabilità e ripresa economica, mentre è in preda all'inflazione e alla presenza di una sostanziale stagnazione in diversi suoi Stati membri, la portino a cercare un percorso assieme agli Stati Uniti e ai paesi della regione che fermo restando il riconoscimento del diritto di Israele a difendersi e a respingere l'aggressione porti ad una cessazione delle ostilità, al non allargamento del conflitto, come richiesto dal vertice del Quint (Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Stati Uniti) riunitosi ieri e alla ripresa della via verso la nascita di una effettiva e compiuta statualità palestinese che ritenuta secondaria e ostacolata da almeno un ventennio costituisce nel lungo periodo la migliore garanzia per la stessa sicurezza di Israele. Ma a questo scopo occorrono leadership desiderose di giungere con coraggio e lungimiranza ad una pace sostenibile e duratura. Sono leadership che non da ora mancano nell'una e nell'altra parte. 

 

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