L’importanza dei cavi sottomarini e il ruolo dell’UE/The importance of submarine cables and the role of the EU

03.12.2024

Isabella CHIARA - I cavi sottomarini costituiscono fondamentali infrastrutture critiche per lo sviluppo economico di ogni Paese: attraverso di essi passa quasi il 99% del traffico internet mondiale – superando di gran lunga le capacità dei satelliti -, nonché, quotidianamente, 10 mila miliardi di dollari di trasferimenti finanziari e di transazioni finanziare.

La storia dei cavi sottomarini ai fini delle telecomunicazioni non è molto recente: sebbene sia durato solamente un mese, il primo cavo, posato tra l'Irlanda e Terranova, risale al 1858; nel 1956, invece, è stato posato tra la Scozia e Terranova il TAT-1, che è rimasto in funzione fino alla fine degli anni Settanta. Da allora, lo sviluppo di queste infrastrutture è aumentato esponenzialmente: ad oggi, la rete di cavi che si trova sui fondali oceanici conta 550 cavi sottomarini attivi o pianificati, per un totale di circa 1,4 milioni di chilometri.

I cavi si distinguono, principalmente, per tipologia, discriminante fondamentale che ne determina una significativa differenza di costi. Ci sono, innanzitutto, i cavi per l'energia elettrica, che hanno costi che variano dai 100mila euro a km (per la bassa tensione) ai 500mila (per l'alta tensione); più "economici", invece, sono i cavi per la trasmissione di dati, realizzati in fibra ottica, che costano dai 30mila agli 80mila euro a km. Questi ultimi mostrano una capacità di trasferire 250 terabyte di dati al secondo.

La gestione, il mantenimento e la protezione dei cavi sottomarini implicano numerose questioni non solo di carattere pratico, ma anche – e soprattutto – geopolitico. Partendo dal presupposto che la posa in opera e la proprietà di queste infrastrutture è in capo a compagnie private di comunicazioni – esempio Google, tra tutte, possiede circa il 10% dei cavi sottomarini –, ne discende che la protezione giuridica di questo global common presenta alcune criticità. La Convenzione di Montego Bay, infatti, fornisce la normativa inerente alla posa (distinguendo fra quella attuata in acque territoriali, Zona Economica Esclusiva o alto mare), ma non offre strumenti giuridici adeguati a perseguire chi attua un danneggiamento dei cavi.

Quest'ultima questione, negli ultimi anni, è stata portata alla ribalta da alcuni episodi che hanno messo in luce non solo l'estrema rilevanza di tali infrastrutture, ma anche la difficoltà nel determinare se il danneggiamento derivi da incidenti o da veri e propri sabotaggi. Secondo un report del think tank londinese Policy Exchange, nella regione euro-atlantica si sono verificati, dal 2021, otto incidenti di tagli di cavi "non attribuiti ma sospetti". Caso particolare, quello del gasdotto Balticonnector, danneggiato, insieme ad un cavo internet, nel Golfo di Finlandia nell'ottobre 2023: sebbene le autorità finlandesi abbiano dichiarato l'accaduto un semplice incidente, molti Paesi occidentali nutrono forti dubbi sulle responsabilità della Russia. Altrettanta opacità si è riscontrata anche nel caso del taglio di due cavi che servono l'isola di Matsu – vicino a Taiwan – avvenuto nel febbraio 2023, danno che ha implicato l'interruzione di internet (o di elettricità) a danno dell'isola per più di 50 giorni: il sospetto si è rivolto verso una nave da carico e un peschereccio cinesi, ma pare non ci siano prove concrete sulle reali responsabilità dell'accaduto. Non ci sono dubbi, invece, sulla natura dolosa degli attacchi alle infrastrutture sottomarine avvenute nel settembre 2022 ai danni dei gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 – attribuiti ad elementi ucraini – e di quelli ai quattro cavi sottomarini nel Mar Rosso, attribuiti ai ribelli Houthi. Quest'ultimo episodio, avvenuto nel febbraio 2024, ha bloccato il 25% del traffico internet tra l'Asia e l'Europa.

Che si tratti di sabotaggi o incidenti, comunque, il danneggiamento dei cavi sottomarini costituisce un monito per i governi – soprattutto occidentali – affinché incrementino il livello di sicurezza di queste infrastrutture critiche. Di base, alcune soluzioni a tal proposito potrebbero essere, da un lato, lo sviluppo di una regolamentazione mirata ad assicurare una serie di norme condivise per la sorveglianza dei cavi; dall'altro, invece, l'adozione di misure "pratiche", quali la costruzione e posa di ulteriori cavi – in modo tale da potervi reindirizzare il traffico di dati in caso di danneggiamento o sabotaggio – e l'impiego di navi e sottomarini atti a sorvegliare le infrastrutture critiche subacquee e assicurarne il corretto funzionamento.

Rappresentando la componente fisica del mondo digitale, i cavi sottomarini – e la loro indiscussa rilevanza strategica – non sono esenti dalla competizione fra Stati Uniti e Cina: sebbene la maggior parte di queste infrastrutture sia sotto il controllo degli Stati Uniti, Pechino prevede – come proclamato nel piano China Manufacturing 2025 – di arrivare a possederne almeno il 60% entro il 2025. Ciò potrebbe avvenire grazie alla Digital Silk Road, componente "tecnologica" della Belt and Road Initiative: costruendo infrastrutture digitali (quali cavi e reti 5G) in Paesi in via di sviluppo, Africa e Asia Meridionale, la Repubblica Popolare potrebbe riuscire ad imporre i propri standard e servizi tecnologici a livello internazionale.

Ma l'Unione Europea, in tutto ciò, dove e come si colloca? Un cardine fondamentale della sua strategia economica, industriale, politica e di difesa è senz'altro l'autonomia strategica, passante anche attraverso la sovranità digitale. Proprio per questo, nel 2021, è stato lanciato il Global Gateway, progetto europeo che punta a mobilitare, entro il 2027, 300 miliardi di euro destinati a potenziare la connettività tra Europa, Asia, Africa e America Latina. L'iniziativa pare essere un tentativo, non troppo velato, di contrastare la Via della Seta "digitale" di Pechino, e, dunque, viene implicitamente percepita come un allineamento con gli obiettivi di Washington. Eppure, la questione è un po' più complessa: le due parti adottano, nei confronti della Cina, approcci diversi. Se gli Stati Uniti rifuggono da qualsiasi tipo di cooperazione sino-americana nel campo dei cavi sottomarini, l'UE si fa molti meno scrupoli: basti pensare al cavo Peace, che collega la Francia al Pakistan tramite il Kenya, interamente finanziato e costruito da aziende cinesi. Insomma, nella competizione contro la Cina l'allineamento fra Stati Uniti e Unione Europea c'è, ma non è totale.

Infine, nelle strategie di connettività dell'UE, non si può certo tralasciare l'importanza del Mediterraneo, svincolo fondamentale della rete di comunicazione globale. Il bacino è attualmente attraversato da est a ovest dalle connessioni che viaggiano sull'asse Europa-Asia e su quello diretto verso l'Atlantico (l'Italia, ça va sans dire, ne costituisce un indiscutibile nodo strategico), ma entro il 2025 si vedrà arricchito da un ulteriore sistema di cavi: si tratta del "Progetto Medusa", iniziativa europea che, sempre nell'ambito del progetto Global Gateway, porterà a collegare cinque Paesi europei (Portogallo, Francia, Spagna, Italia e Cipro) con quattro Paesi nordafricani (Algeria, Marocco, Tunisia ed Egitto). Con una lunghezza di 7.100 km, 12 punti di atterraggio e un costo di circa 342 milioni di euro, il Progetto Medusa permetterà non solo di migliorare le connessioni fra i Paesi coinvolti, ma anche di potenziare le reti della pubblica amministrazione e di ricerca del Nord Africa. Il tutto, beninteso, rafforzando la proiezione mediterranea nel sempre più affollato scacchiere della competizione digitale.


The importance of submarine cables and the role of the EU

Submarine cables are essential critical infrastructures for the economic development of every country: almost 99% of global internet traffic passes through them – far exceeding the capacity of satellites -, as well as, daily, 10 trillion dollars of financial transfers and financial transactions.

The history of submarine cables for telecommunications purposes is not very recent: although it lasted only a month, the first cable, laid between Ireland and Newfoundland, dates back to 1858; in 1956, however, the TAT-1 was laid between Scotland and Newfoundland, which remained in operation until the end of the Seventies. Since then, the development of these infrastructures has increased exponentially: today, the network of cables located on the ocean floor has 550 active or planned submarine cables, for a total of approximately 1.4 million kilometers.

Cables are distinguished mainly by type, a fundamental factor that determines a significant difference in costs. First of all, there are cables for electricity, which have costs that vary from 100 thousand euros per km (for low voltage) to 500 thousand (for high voltage); more "economical", on the other hand, are cables for data transmission, made of optical fiber, which cost from 30 thousand to 80 thousand euros per km. The latter show a capacity to transfer 250 terabytes of data per second.

The management, maintenance and protection of submarine cables involve numerous issues not only of a practical nature, but also – and above all – geopolitical. Starting from the assumption that the installation and ownership of these infrastructures is the responsibility of private communications companies – for example, Google, among all, owns about 10% of submarine cables –, it follows that the legal protection of this global common presents some critical issues. The Montego Bay Convention, in fact, provides the regulations relating to the installation (distinguishing between that carried out in territorial waters, Exclusive Economic Zone or high seas), but does not offer adequate legal instruments to prosecute those who damage the cables.

This last issue, in recent years, has been brought to the fore by some episodes that have highlighted not only the extreme importance of these infrastructures, but also the difficulty in determining whether the damage is due to accidents or actual sabotage. According to a report by the London-based think tank Policy Exchange, eight "unattributed but suspicious" cable cutting incidents have occurred in the Euro-Atlantic region since 2021. A particular case is that of the Balticonnector gas pipeline, damaged, along with an internet cable, in the Gulf of Finland in October 2023: although the Finnish authorities declared the incident a simple accident, many Western countries have strong doubts about Russia's responsibility. Equal opacity was also found in the case of the cutting of two cables serving the island of Matsu – near Taiwan – which occurred in February 2023, damage that involved the interruption of internet (or electricity) to the detriment of the island for more than 50 days: suspicion has turned towards a Chinese cargo ship and a fishing boat, but it seems there is no concrete evidence of the real responsibilities for the incident. There is no doubt, however, about the malicious nature of the attacks on submarine infrastructure that occurred in September 2022 against the Nord Stream 1 and Nord Stream 2 gas pipelines – attributed to Ukrainian elements – and those on the four submarine cables in the Red Sea, attributed to the Houthi rebels. This last episode, which occurred in February 2024, blocked 25% of internet traffic between Asia and Europe.

Whether it is sabotage or accidents, however, the damage to submarine cables is a warning to governments – especially Western ones – to increase the level of security of these critical infrastructures. Basically, some solutions in this regard could be, on the one hand, the development of a regulation aimed at ensuring a series of shared rules for cable surveillance; on the other hand, the adoption of "practical" measures, such as the construction and installation of additional cables – so that data traffic can be redirected in the event of damage or sabotage – and the use of ships and submarines to monitor critical underwater infrastructure and ensure its correct functioning.

Representing the physical component of the digital world, submarine cables – and their undisputed strategic importance – are not exempt from competition between the United States and China: although most of these infrastructures are under the control of the United States, Beijing plans – as proclaimed in the China Manufacturing 2025 plan – to own at least 60% of them by 2025. This could happen thanks to the Digital Silk Road, the "technological" component of the Belt and Road Initiative: by building digital infrastructures (such as 5G cables and networks) in developing countries, Africa and South Asia, the People's Republic could succeed in imposing its technological standards and services at an international level.

But where and how does the European Union fit into all this? A fundamental cornerstone of its economic, industrial, political and defense strategy is undoubtedly strategic autonomy, which also involves digital sovereignty. Precisely for this reason, in 2021, the Global Gateway was launched, a European project that aims to mobilize, by 2027, 300 billion euros to strengthen connectivity between Europe, Asia, Africa and Latin America. The initiative appears to be a not-so-veiled attempt to counter Beijing's "digital" Silk Road, and is therefore implicitly perceived as an alignment with Washington's objectives. Yet, the issue is a little more complex: the two parties adopt different approaches towards China. While the United States shy away from any type of Sino-American cooperation in the field of submarine cables, the EU has far fewer scruples: just think of the Peace cable, which connects France to Pakistan via Kenya, entirely financed and built by Chinese companies. In short, in the competition against China, the alignment between the United States and the European Union exists, but it is not total.

Finally, in the EU's connectivity strategies, the importance of the Mediterranean cannot be overlooked, as a fundamental junction in the global communications network. The basin is currently crossed from east to west by connections that travel on the Europe-Asia axis and on the one directed towards the Atlantic (Italy, ça va sans dire, constitutes an indisputable strategic node), but by 2025 it will be enriched by a further system of cables: this is the "Medusa Project", a European initiative that, again within the scope of the Global Gateway project, will lead to connecting five European countries (Portugal, France, Spain, Italy and Cyprus) with four North African countries (Algeria, Morocco, Tunisia and Egypt). With a length of 7,100 km, 12 landing points and a cost of approximately 342 million euros, the Medusa Project will not only improve connections between the countries involved, but also strengthen the networks of public administration and research in North Africa. All of this, of course, strengthening the Mediterranean projection in the increasingly crowded chessboard of digital competition.