La vittoria di Trump e l’Europa/Trump's victory and Europe

14.12.2024

Durante la campagna elettorale le cancellerie europee, con alcune eccezioni, non nascondevano preoccupazioni per le possibili conseguenze di una vittoria di Trump sui rapporti transatlantici. A vittoria avvenuta, e nelle dimensioni che abbiamo visto, l'Unione Europea si trova ora a dover gestire quelle possibili paventate conseguenze.

Di notevole rilievo saranno gli aspetti economici.

La politica dei dazi, che Trump ha annunciato anche nei confronti dell'Europa, colpirebbe in modo rilevante, se sarà effettivamente seguita, la già precaria economia europea ed in particolare quella di paesi che come la Germania e l'Italia hanno nelle esportazioni una componente fondamentale del loro prodotto interno lordo. L'atteggiamento del Presidente eletto verso il multilateralismo e le intese di carattere collettivo, sia a livello regionale che globale, lo potrà portare a privilegiare, come del resto annunciato e praticato durante il suo precedente mandato, rapporti bilaterali con i singoli paesi, cercando di incidere sul sistema europeo di politica commerciale comune vigente fin dal Trattato di Roma. In sostanza una spinta al superamento di uno degli aspetti fondamentali su cui è stato costruito il processo di integrazione europea.

Una politica protezionista in materia commerciale potrebbe avere effetti negativi sull'inflazione negli Stati Uniti - malgrado il fatto che la lotta all'aumento dei prezzi sia stata un tema centrale della campagna elettorale di Trump - e di riflesso in Europa a causa di una guerra commerciale che potrebbe coinvolgere non soltanto America e Cina, ma anche il nostro continente, con conseguenti rischi anche di un aumento dei tassi di interesse per frenarla.

I timori da questa parte dell'Atlantico sono d'altra parte espressi anche dalle reazioni delle borse europee che diversamente da quelle americane hanno fatto registrare ribassi il giorno stesso della vittoria di Trump.

Anche la posizione trumpiana sul contrasto e l'adattamento ai cambiamenti climatici, mentre si sta svolgendo la COP29 a Baku sul clima, rischia di creare un ulteriore elemento di attrito tra Stati Uniti e UE. I due maggiori produttori di ossido di carbonio immesso nell'atmosfera, Stati Uniti e Cina, hanno avviato politiche di decarbonizzazione e di accompagnamento della necessaria transizione che rischiano ora di subire arresti o ritardi, imprimendo un arretramento rispetto al necessario impegno a livello internazionale su un tema cruciale per la sicurezza globale sotto tutti i suoi profili.

Vi sono poi i temi legati allo sviluppo tumultuoso dell'intelligenza artificiale. Quanto la nuova amministrazione e le personalità del mondo high tech ad essa più vicini, a partire da Elon Musk, vorranno cooperare con l'Europa per una sua regolamentazione? E quanto resterà dei processi avviati in ambito OCSE e G20 sul trattamento fiscale delle grandi società multinazionali?

Alla luce di quanto in qualche modo annunciato e di quanto si è visto durante il primo mandato, frizioni analoghe potrebbero riguardare la difesa euro-atlantica. Di fronte ad un possibile disimpegno degli Stati Uniti, che tanto danneggiò il nostro continente dopo la prima guerra mondiale preparando il terreno per la seconda, l'Europa potrà essere costretta a dotarsi in misura molto maggiore di strumenti per la propria sicurezza, aumentando le risorse da destinare alle spese militari e impegnandosi a renderle più efficaci attraverso processi di messa in comune e condivisione. Cosa che richiederebbe anche condivisioni di sovranità da parte dei Governi che vogliano realmente muoversi in questa direzione. Si tratterebbe di un processo di per sé positivo, coerente con le aspirazioni di autonomia strategica per gestire, con capacità proprie, crisi attorno a sé e minacce a propri specifici interessi. Ma per poter avere una deterrenza pienamente dissuasiva e credibile di fronte a potenze ostili dotate di armamento nucleare, lo sforzo finanziario e i tempi necessari richiederebbero riaggiustamenti progressivi del modello di società realizzato in Europa dopo la seconda guerra mondiale, già affetto da carenze di sostenibilità anche a causa delle dinamiche demografiche. Anche da questo deriva l'esigenza di mantenere solido il rapporto transatlantico che le politiche di Trump, da come sono state annunciate, potrebbero indebolire.

In questo ambito quanto annunciato dal Presidente eletto di risolvere in tempi rapidi il conflitto in Ucraina, senza peraltro fornire dettagli sul come, potrebbe avere come esito cedimenti territoriali alla Russia e una esposizione europea alle minacce reali o potenziali di Mosca con una ridotta credibilità della garanzia fornita dagli Stati Uniti.

Nella stessa situazione potrebbero d'altra parte trovarsi gli alleati asiatici degli Stati Uniti di fronte alla Cina, pur essendo quell'area e le rivalità con Pechino ulteriormente salite nelle priorità americane. Si vedrà come la politica di Trump si svilupperà rispetto a Taiwan, con riflessi in tutta la regione, potendo oscillare tra una linea di contrapposizione dura, con possibilità di escalation militare, e una linea di compromesso o di minore impegno nella difesa militare dell'Isola come quanto paventato da alcuni altrove.

Una ulteriore questione di primaria importanza per l'Europa, sotto i profili della sicurezza, di un possibile grande afflusso di profughi, degli approvvigionamenti energetici e dei rapporti commerciali e finanziari è stato nell'ultimo anno l'accelerazione della crisi mediorientale. Durante la campagna elettorale Trump aveva manifestato un sostegno pieno a Netanyahu, invitandolo a "portare a termine il lavoro". A ciò ha corrisposto l'entusiastica reazione del Primo Ministro israeliano alla sua elezione. Si tratta ora di vedere come questo sostegno si realizzerà, anche in relazione a come agire nei confronti dell'Iran e come ciò si coniugherà con l'affermazione del nuovo Presidente che durante il suo mandato non vi saranno nuove guerre. Egli dovrà inoltre fare i conti con l'altro suo partner nella regione al quale è legato per molti aspetti: il leader saudita Mohamed bin Salman dietro al quale si muovono altri paesi arabi del Golfo ed oltre. MbS vuole normalizzare i rapporti con Israele nell'ambito di estesi accordi di Abramo ma per farlo ha ripetutamente posto come condizione la nascita dello stato palestinese, oggi anche formalmente respinta dall'attuale Governo israeliano. Egli ha inoltre mostrato negli ultimi due anni di voler contenere l'Iran ma non un conflitto aperto dagli esiti incerti dopo le esperienze dell'Iraq e dell'Afghanistan. Il suo interesse è nella stabilità nella regione che passa anche per rapporti di coesistenza seppure competitiva con Teheran.

Anche su questo quadrante vi sono quindi incertezze su cui l'Europa e i suoi Stati membri dovranno misurarsi, tenendo auspicabilmente ferma la loro aspirazione ad un ordine mondiale basato sul multilateralismo e su regole certe e condivise, come ha ulteriormente ribadito il Presidente della Repubblica Mattarella durante la sua visita in Cina che si sta concludendo.


Trump's victory and Europe

 During the election campaign, European chancelleries, with some exceptions, did not hide their concerns about the possible consequences of a Trump victory on transatlantic relations. With the victory achieved, and on the scale we have seen, the European Union now finds itself having to manage those possible feared consequences.

The economic aspects will be of considerable importance.

The tariff policy, which Trump has also announced towards Europe, would significantly affect, if it is actually followed, the already precarious European economy and in particular that of countries such as Germany and Italy which have a fundamental component of their gross domestic product in exports. The attitude of the President-elect towards multilateralism and collective agreements, both at regional and global level, could lead him to favor, as announced and practiced during his previous mandate, bilateral relations with individual countries, trying to influence the European system of common commercial policy in force since the Treaty of Rome. In essence, a push to overcome one of the fundamental aspects on which the European integration process was built.

A protectionist policy in trade matters could have negative effects on inflation in the United States - despite the fact that the fight against price increases was a central theme of Trump's election campaign - and by extension in Europe due to a trade war that could involve not only America and China, but also our continent, with the consequent risk of an increase in interest rates to slow it down.

The fears on this side of the Atlantic are also expressed by the reactions of the European stock markets which, unlike the American ones, recorded declines on the very day of Trump's victory.

Trump's position on combating and adapting to climate change, while COP29 on climate is taking place in Baku, also risks creating a further element of friction between the United States and the EU. The two largest producers of carbon monoxide released into the atmosphere, the United States and China, have launched policies of decarbonization and support for the necessary transition that now risk being stopped or delayed, causing a setback with respect to the necessary commitment at an international level on a crucial issue for global security in all its aspects.

Then there are the issues related to the tumultuous development of artificial intelligence. How much will the new administration and the personalities of the high-tech world closest to it, starting with Elon Musk, want to cooperate with Europe for its regulation? And how much will remain of the processes initiated in the OECD and G20 on the tax treatment of large multinational companies?

In light of what has been announced in some way and what has been seen during the first mandate, similar frictions could concern Euro-Atlantic defense. Faced with a possible withdrawal of the United States, which so damaged our continent after the First World War by preparing the ground for the Second, Europe may be forced to equip itself to a much greater extent with tools for its own security, increasing the resources to be allocated to military spending and committing to making them more effective through pooling and sharing processes. This would also require sharing of sovereignty by governments that really want to move in this direction. This would be a positive process in itself, consistent with the aspirations of strategic autonomy to manage, with its own capabilities, crises around itself and threats to its own specific interests. But in order to have a fully dissuasive and credible deterrence in the face of hostile powers equipped with nuclear weapons, the financial effort and the necessary time would require progressive readjustments of the model of society created in Europe after the Second World War, already affected by deficiencies in sustainability also due to demographic dynamics. This also gives rise to the need to maintain a solid transatlantic relationship that Trump's policies, as they have been announced, could weaken.

In this context, the announcement by the President-elect to resolve the conflict in Ukraine quickly, without however providing details on how, could result in territorial concessions to Russia and European exposure to real or potential threats from Moscow with a reduced credibility of the guarantee provided by the United States.

On the other hand, the Asian allies of the United States could find themselves in the same situation in relation to China, even though that area and the rivalries with Beijing have further increased in American priorities. We will see how Trump's policy will develop with respect to Taiwan, with repercussions throughout the region, being able to oscillate between a line of hard opposition, with the possibility of military escalation, and a line of compromise or less commitment to the military defense of the island as feared by some elsewhere.

A further issue of primary importance for Europe, in terms of security, a possible large influx of refugees, energy supplies and trade and financial relations has been the acceleration of the Middle Eastern crisis in the last year. During the election campaign, Trump had shown full support for Netanyahu, calling on him to "get the job done." This was matched by the Israeli Prime Minister's enthusiastic reaction to his election. It is now a matter of seeing how this support will be realized, also in relation to how to act towards Iran and how this will be combined with the new President's statement that there will be no new wars during his term. He will also have to deal with his other partner in the region to whom he is linked in many ways: the Saudi leader Mohamed bin Salman, behind whom other Arab countries in the Gulf and beyond are moving. MbS wants to normalize relations with Israel within the framework of extensive Abraham Accords, but to do so he has repeatedly made the birth of the Palestinian state a condition, which has now also been formally rejected by the current Israeli government. He has also shown in the last two years that he wants to contain Iran but not an open conflict with uncertain outcomes after the experiences of Iraq and Afghanistan. Its interest is in stability in the region, which also involves coexisting, albeit competitive, relations with Tehran.

Even in this quadrant there are uncertainties that Europe and its member states will have to deal with, hopefully holding firm to their aspiration to a world order based on multilateralism and certain and shared rules, as the President of the Republic Mattarella further reiterated during his visit to China which is now concluding.

Maurizio MELANI